giovedì 12 luglio 2012

Ludwig Feuerbach


Ludwig Feuerbach nasce il 28 luglio del 1804 e seguì le lezioni di Hegel. Il suo primo lavoro prende il titolo di Pensieri sulla morte e l’immortalità (1830), seguito dalla Critica della filosofia hegeliana (1839), L’Essenza del Cristianesimo (1841), Tesi provvisorie per la riforma della filosofia (1843) e Principi della filosofia dell’avvenire (1841). Nel 1846 esce L’essenza della religione. Tenne, inoltre, le Lezioni sull’essenza della religione e scrisse una Teogonia. Muore il 13 Settembre del 1872. Appartenente alla sinistra hegeliana, Feuerbach si caratterizza per il tentativo di costruire una nuova filosofia intesa come antropologia. Questa operazione non è, però, arbitraria, ma rappresenta la conseguenza della filosofia moderna che culmina in Hegel. Pertanto, bisogna partire da Hegel per vedere l’ultima mistificazione del pensiero speculativo. Denunciata tale misticazione si può rivendicare il sensibile, l’immediato e il reale. Questo compito comporta un’ulteriore umanizzazione di Dio che era stata già perseguita in età moderna. Per Feuerbach, infatti, storia della filosofia e storia della teologia (e del Cristianesimo) vanno di pari passo, ovvero vanno sotto un medesimo processo che culmina nella trasformazione della teologia in antropologia grazie alla filosofia, identificata in critica della religione. Nello studio del fenomeno religioso, Feuerbach utilizza un metodo dialettico e nel contempo storico-genetico, secondo il quale la religione non è un semplice cumulo di sciocchezze o di errori, ma è il risultato del processo conoscitivo della coscienza, che nel conoscersi tende ad oggettivare la sua essenza in qualcosa considerato altro da sé. Pertanto, la religione non è altro che il risultato di questo processo di oggettivizzazione dell’essenza dell’uomo in un essere considerato indipendente da lui (ovvero Dio). La storia delle religioni è perciò la storia della coscienza umana che prima si conosce in maniera frammentaria (e si ha il politeismo) per poi concepirsi come un tutto totale (e si ha il monoteismo). Tale proiezione della propria coscienza viene, però, vissuta dall’uomo come se Dio fosse realmente esistente. Il processo religioso è un processo dialettico di alienazione e integrazione. Alienazione perché l’essenza della coscienza si vede altra da sé; integrazione perché l’uomo in questa proiezione o oggettivazione della sua coscienza in altro da sé ne trova soddisfazione. Ora, se nella religione, in qualsiasi religione, il complesso rapporto tra la coscienza e il suo oggetto è destinato a rimanere nascosto, è invece, compito della filosofia portarlo alla luce. L’età moderna non è altro, secondo questo pensatore, che la negazione della teologia, e l’idealismo tedesco è la vera e propria apoteosi della ragione come scoperta del fatto che il contenuto delle religioni, anche delle più alte e pure, è costituito precisamente dalle strutture logiche e dialettiche della ragione stessa che in quelle religioni si è obiettivata e alienata. La filosofia, però, ancora non è riuscita a chiarire questo suo compito e anzi la speculazione di Hegel è un nuovo sistema che difende ulteriormente la dottrina Cristiana. Per superare le difficoltà della filosofia speculativa bisogna rivalutare ciò che Hegel ha trattato solo in nota. Bisogna rivalutare il sensibile sotto una luce nuova, diversa anche dall’empirismo illuministico. Infatti, anche quest’ultimo ha dimenticato che il più importante ed essenziale degli oggetti sensibili è proprio l’uomo. Ma la sensibilità non è solo uno strumento conoscitivo, e, infatti, l’uomo si riconosce un qualcos’altro nelle passioni e nell’amore. Solo quando c’è amore e passione c’è scoperta dell’esistenza delle cose e degli altri. Per chi non ama è indifferente che l’oggetto esista o meno; in tal senso l’unica prova ontologica dell’esistenza degli oggetti fuori della nostra testa è dato dall’amore. Tuttavia, la coscienza non si svilupperebbe se la tensione tra soggetto e oggetto riguardasse solo le cose, ma anzi la coscienza si sviluppa perché il processo dialettico è sempre un dialogo tra uomini, che sono sempre un io e un tu. Nessun uomo, inoltre, ha in sé l’essenza dell’uomo, ma questa si realizza soltanto nella specie, nell’intero genere umano, ossia nell’intera comunità dell’uomo con l’uomo. 

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