sabato 14 luglio 2012

Karl Marx e Friedrich Engels.


Marx nasce a Treviri il 15 maggio del 1818, e muore a Londra nel 1883. Si laurea in filosofia con una tesi dal titolo su La differenza tra la filosofia della natura di Democrito e di Epicuro. Insieme a Ruge fonda nel 1843 gli Annali franco tedeschi nella quale pubblica la sua Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione. Scrive anche la Sacra famiglia e L’ideologia tedesca. Nel 1847 scrive la Miseria della filosofia. Insieme a Engels scrive nel 1848 il Manifesto del partito comunista, seguita dalla Critica dell’economia politica, e Il Capitale. Postumi si hanno I manoscritti economico-filosofici e i Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica
Engels nasce nel 1820 e scrive contro Schelling il saggio dal titolo Schelling e la rivelazione. Quindi, si hanno gli abbozzi della Dialettica della natura, l’Antiduhring, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato, L.Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca. Muore a Londra il 5 Agosto del 1895. Il pensiero di Marx si viene a configurare all’interno della sinistra hegeliana e mette in relazione i problemi filosofici con la contemporanea situazione storica del tempo. Marx non intende, infatti, fare una critica di questa o quella filosofia del proprio tempo, ma cerca piuttosto di individuare i limiti delle diverse ideologie in termini di prassi e di ideologia. Ciò appare molto chiaro già nel 1844 quando negli Annali franco-tedeschi polemizza (con la sua Critica sulla filosofia del diritto di Hegel) contro il pensiero hegeliano sotto la luce della posizione storico-filosofico-politica tedesca. La Germania del tempo infatti secondo Marx si trovava in una posizione di arretratezza rispetto agli altri pesi europei, soprattutto rispetto alla Francia e all’Inghilterra. D’altra parte però la Germania aveva reagito a questo stato di arretratezza storica e sociale con un’eccezionale sviluppo della propria filosofia; anzi i tedeschi, con la filosofia, soprattutto con la filosofia hegeliana del diritto, avevano dato un’analisi critica dello Stato moderno estremamente avanzata, tanto che si poteva dire che già vivevano nella filosofia la loro storia futura. Ora, questa completa divaricazione tra pensiero e realtà, tra filosofia e storia, deve e può essere superata a patto però di non chiudersi in nessuno dei due termini esclusivamente e di cercare invece una integrazione di teoria e prassi. Tale integrazione deve essere effettuata sul piano storico, sociale e politico. Realizzare la filosofia significa, per Marx, mettere a nudo e togliere quanto vi è in essa di illusorio, di ideologico e di falso. Infatti, Marx crede che la filosofia fino al suo tempo non avesse ancora la consapevolezza delle radici e delle forze storiche da cui deriva, pertanto non avendo tale consapevolezza delle proprie origini, la filosofia si crede di essere autonoma e autosufficiente. Tipico esempio di una filosofia ideologica, ossia di rappresentazione illusoria della realtà, è data dalla filosofia di Bauer, dove l’intero problema di rinnovamento della filosofia coincide con l’antropologizzazione della religione, come se la religione fosse una dimensione originale dell’uomo, e non invece un prodotto storico, politico e sociale dell’uomo. Caratteristica dell’ideologia è per Marx quella di dare una rappresentazione illusoria della realtà, una rappresentazione che capovolge il reale, che dà un’immagine rovesciata delle cose. Compiere una critica dell’ideologia significa quindi riportare la filosofia con i piedi per terra. In tale quadro rientra anche la critica alla filosofia hegeliana e alla sua Fenomenologia dello spirito. Anche se Marx riconosce a Hegel il merito di avere capito e compreso che l’uomo è tale solo all’interno di un processo storico di sviluppo, dove produce se stesso attraverso un processo dialettico di oggettivazione, alienazione nel mondo e superamento di tale alienazione. Hegel ha visto cioè che l’uomo è il risultato del proprio lavoro. Il limite di Hegel sta, però, nel fatto di avere compreso solo l’aspetto positivo del lavoro, ovvero il processo con cui la coscienza si realizza come autocoscienza, ma afferma Marx, Hegel non ha compreso gli aspetti negativi del lavoro; che sono dati dall’alienazione e dalla società capitalistica basata sulla proprietà privata. A feuerbach Marx riconosce il meriti di avere messo in luce il carattere teologico della filosofia hegeliana e di avere perciò riportato in rilevanza il sensibile; ma chiarisce Marx, Feuerbach ha il torto di non avere capito che il sensibile non si ferma all’intuizione che permette la concreta attività umana, e cioè la prassi. In altri termini, tutte quante le filosofie materialiste hanno errato nella misura in cui non hanno compreso che la realtà, la realtà in cui viviamo, è profondamente modificata e determinata dall’uomo e dalle forme economiche, storiche e sociali in cui tale operare si è realizzato. Quindi afferma Marx alla fine della sua Tesi su Feuerbach: i filosofi sinora si sono limitati ad interpretare il mondo, ora si tratta di mutarlo. È da tale posizione critica e politica della filosofia che nasce la sua concezione materialistica della storia. Tale concezione consiste nel comprendere la storia prendendo le mosse dagli individui reali, dalla loro azione, dalle loro condizioni di vita materiali, “tanto quelle che essi trovano quanto quelle che producono con la propria azione”. La storia può essere considerata da due prospettive, quella della natura e quella dell’uomo; ma quella della natura è ormai condizionata da quella dell’uomo e non può in alcun modo venirne scissa. Non è, infatti, possibile comprendere il mondo sensibile se non si tengono conto tutte le profonde modifiche apportate dall’uomo alla natura: l’uomo, infatti, si differenzia dagli animali in quanto ha iniziato a produrre condizioni materiali di vita. A questo proposito, significativa è un’espressione di Marx secondo cui la storia delle industrie e le sue conseguenze concrete sono una vera e propria psicologia sensibile dell’uomo, perché tale storia mostra come si è venuto a costituire il modo di vivere e pensare delle diverse civiltà. Pertanto, per comprendere la coscienza si deve partire dagli individui reali e dalla loro specifica situazione storico-sociale, invece di fare della coscienza una unità a sé, dotata di vita autonoma. Detto questo si arriva ad uno dei punti più complessi del pensiero marxista, e cioè al concetto di soprastruttura. Il concetto di soprastruttura viene usato per indicare il complesso dei processi spirituali e culturali che costituiscono la civiltà umana. Marx comunque non pensa minimamente ad un materialismo deterministico e ciò lo si evince già nella sua Tesi su Feuerbach. In tale scritto Marx sottolinea, infatti, che gli uomini non sono semplici prodotti dell’educazione o della storia, non bisogna mai dimenticare che sono gli uomini a modificare l’ambiente e che l’educatore stesso deve prima essere educato. In altre parole la cultura e le idee non possono essere separate dalla loro origine, e cioè dal loro formarsi all’interno di un processo storico ed economico. Non bisogna nemmeno dimenticare che le idee e la cultura hanno anche una funzione propria specifica che ha la capacità di incidere all’interno del contesto storico. La concezione materialistica della storia considera fondamentale, per la comprensione dello sviluppo storico, prendere la mossa dalle lotte di classe e dallo studio delle condizioni economiche sociali; la lotta di classe e le condizioni economiche sociali, infatti, determinano gli sviluppi e le forme della dialettica. Conflitti e scontri tra uomini sono infatti il risultato, la conseguenza di motivi strettamente legati e connessi allo sviluppo delle forme di produzione e alle forme di alienazione intrinseche a tale sviluppo. Non si tratta per Marx di individuare gli aspetti positivi e negativi di un’epoca storica, per promuovere i primi ed eliminare i secondi; si tratta invece di comprendere la necessità storica dei primi e dei secondi e di individuarne quale esito si ha con la loro reciproca opposizione dialettica. A Marx non interessa andare a individuare quelle leggi universali, immutabili della vita economica, interessa invece spiegarsi perché la vita economica si è presentata di volta in volta in un certo modo. Studiare tale modo e vedere l’esito attuale di tali contraddizioni per poterle risolvere e liberare l’uomo dalle forme di alienazioni che sinora la sua attività ha comportato. Fondamentale nel pensiero di Marx è il concetto di plusvalore, il cui termine viene analizzato nel Capitale. Per Marx soltanto partendo dal concetto di plusvalore è possibile spiegare come sia sorto il capitale, come si è sviluppato e quali sono le sue conseguenze economiche, sociali e politiche. Ammesso, infatti, che la fonte di ogni valore economico sia il lavoro, cioè l’uso della forza-lavoro, ne segue che il profitto del capitalista può derivare solo dalla sottrazione di una parte del valore prodotto dal suo lavoro; se infatti il lavoratore ricevesse per intero il frutto del proprio lavoro non vi sarebbe possibilità di profitto per il capitalista e, quindi, il profitto si spiega soltanto in quanto vi è una parte di lavoro non pagato (il plusvalore) che genera appunto il plusvalore. L’aspetto più caratteristico del pensiero di Marx tra capitale e lavoro sta nella convinzione che il capitale non avendo senso se non come fonte di profitto, tenda ad una continua accumulazione e a un sempre crescente incremento, il che può avvenire a patto di una sempre maggiore depauperazione ed espropriazione del lavoratore ridotto ormai a proletariato; per cui la lotta di classe per Marx è destinata a scavare un solco sempre maggiore tra i suoi antagonisti e ad acuirsi sino ad un punto estremo oltre il quale non sussiste altra possibilità che la rivoluzione come espropriazione degli espropriatori da parte degli espropriati. Il capitalismo comporta, infatti, la riduzione del lavoratore a merce e la sua più completa alienazione in rapporto al lavoro, a se stesso e al genere umano. D’altra parte la sua sopravvivenza, però, dipende dal capitale, per cui si forma una grande scissione tra quelli che sono i suoi bisogni animali, che può comunque sempre soddisfare, e tutti gli altri bisogni dipendono dalle leggi del capitale. Marx sottolinea un altro punto essenziale: la borghesia nella sua lotta contro il mondo feudale ha rappresentato sì una forza rivoluzionaria portatrice di interessi generali e ha promosso uno sviluppo economico universale e razionalizzato che ha spazzato via le remore poste dalle condizioni politico-sociali precedenti. Tuttavia, proprio perché l’ascesa della borghesia coincide con l’affermarsi del capitalismo, ossia di un tipo di produzione fondata sullo sfruttamento, la borghesia crea una nuova società di classe e non una società senza classi. Il suo programma di emancipazione politica universale, affermato nella rivoluzione francese, rimane pertanto astratto e contraddittorio, perché si scontra inevitabilmente con una realtà sociale dove la borghesia utilizza il potere politico esclusivamente in funzione dei propri interessi e del proprio dominio di classe, accentuando quindi le condizioni della lotta di classe, invece di ridurle o eliminarle. Solo con il proletariato si fa avanti una classe che non deriva più dallo sfruttamento di altre classi, e che è pertanto destinata a realizzare una rivoluzione totale e non parziale, tale da portare alla soppressione di tutti gli antagonismi di classe. A questo proposito è molto significativa l’introduzione alla Critica della filosofia del diritto di Hegel. In questo testo Marx approfondisce il paradosso della Germania e giunge alla conclusione che proprio per l’arretratezza della sua borghesia e per l’impossibilità di una rivoluzione simile a quella avvenuta in Francia e in Inghilterra, si apre la prospettiva di una rivoluzione universale compiuta da una classe nuova e diversa: il proletariato. In tal senso l’unica possibile liberazione in Germania ha come principio quello che diventerà il principio di emancipazione non di una sola classe, né di un solo popolo, ma dell’uomo, poiché tale rivoluzione può venire solo dal proletariato, guidata dalla consapevolezza che giunge loro dalla concezione materialistica della storia. 

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