sabato 21 luglio 2012

Herbert Spencer

Herbert Spencer nasce a Derby il 26 Aprile del 1820 e muore l’8 Dicembre del 1908. Scrive Statica sociale (1850), Principi di psicologia (1855) e nel 1860 il primo volume della sua grande opera sistematica in 10 volumi: I principi primi, a cui seguono i Principi della biologia, i Principi di Psicologia, i Principi di sociologia e i Principi della moralità. Nel 1904, postuma, si ha la sua Autobiografia.
La dottrina dell’evoluzione di Darwin diviene in Spencer una teoria generale della realtà, e viene applicata in tutti i campi: alla natura inanimata e a quella vivente, alla vita psichica e a quella sociale, politica e morale. Tutto ciò secondo una visione del Sapere unitario, dove solo la filosofia può superare le tradizionali diatribe tra scienza e religione riguardo all’Assoluto. Anche Spencer era giunto alla dottrina evoluzionistica, e Darwin lo afferma nel suo lavoro, ma egli con tale teoria spiega l’intera realtà secondo una legge unitaria che comporta il passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo, dall’indefinito al definito, dall’incoerente al coerente. Spencer individua alcuni principi generali o principi primi o verità primarie, che sono: l’indistruttibilità della materia, la continuità del movimento, e la persistenza della forza, vale a dire che tutte le cose subiscono dei movimenti, e cioè che nell’universo c’è una continua redistribuzione di materia e di movimento. L’evoluzione ha un carattere ritmico, ossia procede secondo un processo continuo di integrazione e disintegrazione. Tale processo è meno visibile negli esseri inorganici dove tale processo si esplica in irradiazione e assorbimento di calore; negli esseri viventi si ha invece la lo sviluppo, la crescita o la morte a seconda se prevale rispettivamente l’integrazione e la disintegrazione. La vita dunque ha un carattere intrinsecamente ritmico ed è una continua tensione a realizzare un equilibrio tra evoluzione e dissoluzione, tra integrazione e disintegrazione. Detto in altre parole, sul piano dell’organismo, la vita è una continua tendenza ad adattare le relazioni interne dell’organismo a quelle esterne dell’ambiente, in modo da salvaguardare l’equilibrio delle relazioni interne stesse, la cui disintegrazione e scompaginamento è appunto la morte. Anche la vita psichica si spiega come ricerca di equilibrio tra le relazioni interne e le esterne, la differenza sta nel fatto che sul piano dell’intelligenza le relazioni esterne a cui quelle interne devono adattarsi sono sempre più complesse e oscure e vengono formulate simbolicamente. La realtà per Spencer rimane inconoscibile e la coscienza dell’uomo si spiega con l’evoluzione e l’ereditarietà, ossia con l’accumulazione e la trasmissione, attraverso la storia e l’educazione, di certe relazioni tra concetti e simboli. Spencer da un lato afferma l’a priori conoscitivo dei singoli uomini, e si immette all’interno di un pensiero empiristico, ma sottolinea che tale a priori è valido all’interno di un contesto storico che lo determina e lo condiziona. È da dire che, però, per Spencer la conoscenza è sempre una conoscenza che va per concetti, per simboli, e quindi l’imitata alla conoscenza di manifestazioni, e mai dell’intrinseca natura delle cose, pertanto non si può avere nemmeno un conflitto tra scienza e religione, in quanto si ha la coscienza definita, che consta di una logica che formula pensieri completi e completabili, e una coscienza indefinita, che consta di pensieri non completabili, ma non per questo meno reali. I conflitti sono nati perché non si sono tenuti debitamente separati i due campi: la religione è coscienza dell’incomprensibile, la scienza è invece coscienza dei nostri limiti di fronte all’incomprensibile. La filosofia è invece una conoscenza più alta in quanto unifica i vari saperi. Per quanto riguarda la sociologia egli si avvale di un metodo comparativo, applicato alla concezione evoluzionistica generale dello sviluppo storico delle società e delle istituzioni politiche, dove le istituzioni formano un grande organismo vivente che per mantenersi in vita deve avere la funzionalità di ogni singola parte. La società si evolve allo stesso modo degli esseri viventi, per cui si va da una società più semplice ad una sempre più complessa, e in tale contesto sopravvivono solo i più forti. La conoscenza e la morale viene ereditata dagli uomini e per essi costituiscono dei principi a priori, validi però solo all’interno di quella cultura e non all’esterno di essa. Quindi è improponibile cercare di applicare costituzioni a stati che non condividono i principi di quelle costituzioni. 

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