giovedì 6 marzo 2014

Lotta tra pontefici ed imperatori

La Chiesa aveva costituito dopo la fine dell'Impero Romano un importantissimo collante per la comunità europea, ciò ne favorì la continua volontà espansionista e la rivendicazione del potere temporale. Gli imperatori del Sacro Romano Impero si sentivano gli eredi legittimi dell'Impero Romano. Per tale ragione pensarono che ad essi spettava il controllo della Chiesa. Queste istanze erano avvallate dal fatto che i sovrani spesso avevano eletto uomini al soglio pontificio. È chiaro, quindi, che la lotta tra queste due grandi istituzioni era inevitabile. La lotta ebbe come causa scatenante la disputa circa l'elezione dei vescovi. Fino all'XI secolo questi erano stati eletti o dagli imperatori o dai re. Nella maggior parte dei casi spesso i vescovadi venivano venduti ai migliori offerenti. Ciò era nell'interesse dei sovrani perché i feudi dei vescovi erano i più grandi e i più produttivi e i sovrani su di essi facevano affidamento sia per il sostentamento che per gli aiuti militari. Bisogna tenere presente, inoltre, che spesso i feudatari laici si erano rivelati sleali nei confronti dell'imperatore e del sovrano. Papa Gregorio VII (1073 – 1085) ritenne che l'elezione dei vescovi era compito esclusivo del papato e non dei sovrani, a cui venne proibita questa mansione. Nel 1076 l'imperatore tedesco Enrico IV rispose a tale editto con la convocazione del Concilio di Worms (Dieta di Worms). In esso si stabilì che l'atto del pontefice negava i diritti dell'imperatore, che, conseguentemente, si svincolava dal dargli qualsiasi tipo di obbedienza. 
Il papa per controbattere una tale decisione aveva due armi, la scomunica e l'interdetto. Con la prima il regnante veniva “tagliato fuori” dalla Chiesa insieme ai suoi seguaci, con il secondo si proibiva al clero della sua nazione di celebrare le funzioni. Il papa scelse la scomunica ed i nobili tedeschi si liberarono dal giuramento di fedeltà compiuto verso il sovrano, che, vedendosi tutto contro, fu costretto a chiedere il perdono al pontefice a Canossa.
Nel 1080, però, la battaglia riprese, e questa volta con le armi. Enrico IV scese a Roma con un antipapa che aveva eletto. Gregorio VII dovette fuggire e rifugiarsi nei Normanni dell'Italia meridionale, dove morì esule qualche anno dopo.
Dopo la morte dell'imperatore la lotta non ebbe fine  ed ebbe come protagonisti Enrico V (1106-1125) e papa Callisto II. Infine, nel 1122, si giunse ad un concordato firmato sempre nella città tedesca di Worms. Con esso Enrico V riconobbe il diritto papale di eleggere i vescovi, ai quali veniva concesso il potere secolare degli imperatori.
La lotta riprese con l'ambizioso imperatore Federico I Barbarrossa (1155-1190) che, ignorando le rimostranze del papa, scese con l'esercito nell'Italia settentrionale. Inoltre, lo stato pontificio era circondato dal nemico. Ciò perché il figlio di Barbarrossa aveva sposato la regina del Regno di Napoli e della Sicilia. Per circa un secolo i papi vissero circondati dal nemico e nella paura di essere schiacciati dal potere crescente del Sacro Romano Impero. Divenne evidente il fatto che senza aiuti militari i papi avevano ben poco da rivendicare. Gli aiuti giunsero nel 1266 con un esercito comandato dal principe francese Carlo d'Angiò, che, in cambio della promessa della Sicilia, sconfisse le armate tedesche in Italia e venne proclamato re di Napoli e re di Sicilia con il nome di Carlo I. terminava così il sogno di un impero unitario che unisse la Germania e la Sicilia e apparentemente i papi ottenevano una vittoria sugli imperatori. Tuttavia non fu una vera vittoria perché le lotte avevano indebolito il papato, che vide Federico I governare anche se il papa lo aveva scomunicato e Federico II sostenere la non validità del potere temporale del papato e la corruzione della Chiesa. 

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