domenica 5 gennaio 2014

Roma imperiale

Nel I secolo a.C. Roma era divenuta una potenza imperiale, e nei due secoli successivi le cose sarebbero cambiate in senso migliorativo. Giulio Cesare, salito al potere, progettò ed attuò una serie di riforme, che si erano rese necessarie e che cambieranno notevolmente il governo di Roma e delle province. Alcune situazioni erano divenute insostenibili e dovevano essere risolte. Per esempio i governatori delle varie province avevano accumulato delle ricchezze esorbitanti estorcendo denaro ai sudditi con le tasse. I progetti di Cesare non ebbero, però, buon fine, perché venne assassinato da alcuni senatori. La morte di Cesare, avvenuta il 15 Marzo del 44 a.C., diede inizio ad una guerra civile, in cui furono tre i protagonisti: Ottaviano (nipote di Giulio Cesare), Marco Antonio e Lepido (generali di Giulio Cesare). Questi fondarono il cosiddetto II triumvirato, che ben presto entrò in conflitto. Seguirono una serie di lotte, che ebbero fine solo nel 27 a.C., quando Ottaviano ebbe il totale controllo dell'Impero. Le guerre civili avevano stremato le popolazioni, a cui poco importava chi li governasse, ma solo che vi fosse un periodo di pace e serenità; cosa questa che Ottaviano capì e riuscì a dare. Egli non intendeva essere né re né dittatore. Nonostante avesse avuto il titolo di “imperatore”, in quanto comandante in capo dell'esercito, egli amava definirsi “principe”, ossia “primo cittadino”. Egli volle dividere il suo potere con il Senato, che in segno di gratitudine gli offrì spontaneamente il titolo di “Augusto”.
Divenuto Augusto, diede inizio ad una serie di riforme così efficienti e ben riuscite che per lungo tempo non furono necessarie che non pochi cambiamenti. Egli riorganizzò l'esercito e stese un progetto relativo alle paghe e alle pensioni dei soldati; riorganizzò le province, lasciò al Sento la nomina dei governatori di quelle più pacifiche, e si riservò di controllare personalmente gli avamposti più importanti come la Gallia e la Siria. Durante il suo impero, le truppe romane giunsero sino ad est fino al Danubio nei Balcani e attraversarono a nord il Reno. Per volontà di Augusto questi due fiumi divennero i confini “naturali” dell'impero. Nel frattempo, risolse i problemi interni a Roma. Sedò con il sangue le rivolte, preparò la strada ad un lungo periodo di pace e grazie ai suoi sforzi i Romani riacquistarono rispetto per la legge ed una nuova fierezza. Augusto morì nel 14 d.C. e lasciò un governo efficiente e ben organizzato. Suo successore fu Tiberio (14-37 d.C.) che introdusse delle migliorie. Altri imperatori allargarono ulteriormente i confini dell'impero. Claudio (41-54 d.C.) diede avvio alla conquista dell'Inghilterra; Vespasiano (69-79 d.C.) conquistò gli ebrei ribelli; Traiano, spagnolo di nascita (98-117 d.C.) estese i confini oltre il Danubio e ad est sino all'Eufrate. Vi furono anche imperatori di poca indole al governo: Caligola (37-41 d.C.) fu uno squilibrato; Nerone (54-68 d.C.) governò da dissennato: sperperò il denaro dello stato e ne trascurò l'amministrazione.
Nel 180 d.C. l'imperatore filosofo e letterato Marco Aurelio morì sul Danubio mentre combatteva contro le truppe germaniche alla città di frontiera di Vindobona (Vienna). La sua morte sancì la fine della parte più fortunata della storia dell'Impero. Il figlio di Marco Aurelio, Commodo, non seppe far fronte al crescente potere dell'esercito. Si ripeteva ciò che aveva caratterizzato la parte finale della Repubblica: i militari gradualmente stavano prendendo il controllo dello stato e, conseguentemente, stavano minando quello imperiale.

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