venerdì 14 settembre 2012

Paul Ricoeuer


Nagli anni sessanta e settanta si cercava di realizzare una fondazione dell'ermeneutica come compito specificatamente filosofico. Tale fondazione passava, però, non da una matrice heideggeriana, bensì da quella fenomenologica husserliana.
In tal senso si indirizza l'opera di Paul Ricoeur (1913 – 2005). Tra  i suoi scritti principali abbiamo: Della interpretazione, del 1965; Il conflitto delle interpretazioni, del 1969; La sfida semiologica, del 1974 e La metafora viva, del 1975.
Ricoeuer condivide con Husserl l'idea che la conoscenza precategoriale sia più autentica di quella organizzata in concetti e categorie.
Questo livello più autentico e profondo di conoscenza può essere raggiunto solo se non si considera il linguaggio come mero strumento di comunicazione, ma se lo si intende come sovradeterminato da valori che non si esauriscono nella comunicazione.
In maniera più precisa, il linguaggio comunicativo è composto solo da segni univoci, aventi la sola funzione comunicativa; mentre il linguaggio più fondamentale è composto da simboli, i quali non si limitano a designare come i segni, ma esprimono anche un valore esistenziale.
Il riuscire a cogliere il livello più profondo del linguaggio significa attuare una sfida semiologica. Sfida che l'uomo può e deve lanciare contro il mondo banalizzato della modernità.
Pertanto, Ricoeur indica la possibilità non di una sola ermeneutica, bensì di due.
La prima ermeneutica ha il compito di far riemergere i significati arcaici appartenenti all'infanzia dell'umanità non ancora banalizzata dalla modernità. La seconda ermeneutica, invece, deve fare emergere tutte quelle figure anticipatrici del nostro futuro sviluppo.
Entrambe le ermeneutiche devono partire dai simboli del nostro linguaggio. Simboli che da un lato ripetono l'autenticità della nostra infanzia e dall'altro stimolano l'avvento del nostro futuro.
Per tale motivo, Ricoeur interpreta l'ermeneutica dei simboli come regressivoprogressiva: regressiva perché si configura come reminiscenza ed arcaicità, progressiva perché si determina come anticipazione e profezia.
Sia l'ermeneutica di Gadamer che di Ricoeur condividono l'idea dell'esistenza di una verità come criterio ultimo con cui deve confrontarsi il pensiero. Ciò nonostante il fatto che alla filosofia non venga più dato il compito di scoprire, bensì quello di interpretare.



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