martedì 18 febbraio 2014

L'espansione araba

Maometto muore nel 632. Alle'epoca egli governava solo poche migliaia di Arabi, ma già 25 anni dopo il capo dell'Islam aveva sotto di sé milioni di persone appartenenti a molti gruppi razziali. Islam divenne sinonimo di fede religiosa e di potente impero. Subito dopo la morte di Maometto, si cercò di fondare un grande impero arabo. Molte tribù, però, ancora vincolati dalle loro tradizioni e convinti che con la morte del profeta non dovevano più obbedienza a nessuno, si rifiutarono di riconoscere come loro capo il successore di Maometto, ossia il suocero di lui Abu Bekr. Questi (632 – 634), però, inviò le sue truppe nel deserto arabico, che, al comando del generale Khalid Ibn al-Walid, in sei mesi sottomisero tutte le tribù. In meno di un anno tutta la penisola era riunita sotto l'Islam. Ai confini della penisola i conflitti non terminavano. Iniziò una forte pressione espansionistica verso i popoli non arabi. La guerre avevano una giustificazione religiosa, dato che Maometto aveva predicato la conversione dei pagani. Inoltre, ora gli Arabi erano uniti, e non più una miriade di tribù in perenne lotta tra di loro. Ciò favorì le loro incursioni che, dapprima finalizzate al mero saccheggio, divennero in seguito delle vere e proprie conquiste territoriali. Gli Islamici si trovarono di fronte a due nemici apparentemente invincibili, i Bizantini a nord e ad ovest dell'Arabia e la Persia a nord – est. In realtà queste due istituzioni erano molto deboli, anche perché si erano dilaniate in lotte territoriali estenuanti, che impoverirono la popolazione per la troppa tassazione. A favore degli Islamici vi fu il fatto che molte chiese cristiane erano in conflitto tra loro per motivi dottrinali. La nuova fede islamica trovò consensi tra le popolazioni per una minore complessità di pensiero gli Arabi ebbero così dalla loro parte la popolazione della Siria e della Persia, e, nonostante fossero di numero inferiore, male equipaggiati e male addestrati, vinsero delle formidabili battaglie, tra cui la più importante fu quella combattuta nel fiume Yarmuk in Siria nel 636 d.C. Il generale Khalid Ibn al-Walid scelse un giorno di foschia e di soffocante caldo per attaccare con i suoi 25.000 uomini gli avversari bizantini, di numero almeno il doppio. Ne seguì una schiacciante vittoria araba che lasciò la Siria aperta alla conquista islamica. Gli Arabi vinsero altre numerosissime battaglie. Alla base della loro forza si aveva la conoscenza delle condizioni meteorologiche del deserto, del terreno, dei metodi di trasporto e la voglia di fare bottino come ricompensa.  Gli Arabi, militarmente più arretrati, appresero le tecniche guerresche dei Bizantini e dei Persiani, e su di essi modellarono i loro eserciti. Ogni divisione aveva due ali di lancieri a cavallo che proteggevano l'avanguardia e la retroguardia della fanteria. Quest'ultima era armata di archi, fionde, spade e scudi. Alla retroguardia si avevano molti cammelli che venivano impiegati per sfondare le mura delle città nemiche. Gli Arabi costruivano Galee da battaglia sul modello di quelle bizantine. Ognuna di esse aveva circa 100 rematori e già nel 655 d.C. una flotta musulmana riuscì a spezzare una flotta bizantina di 500 navi uncinandole e trasformando la battaglia da marittima a corpo a corpo. Trovando popoli deboli e avvalendosi della propria forza, gli Arabi si estero a nord, a est e ad ovest. A nord tolsero a Bisanzio la Palestina e la Siria; a Est fecero proprio l'Impero persiano, trovandosi così alle soglie dell'India; a ovest vinsero i Bizantini in Egitto ed in Libia e, attraverso l'Africa settentrionale, giunsero sino all'Atlantico e nel 711 d.C. attraversarono lo stretto di Gibilterra e tolsero la Spagna ai Visigoti.

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